Il 12 aprile 2025, in occasione del Record Store Day, verrà pubblicata una speciale edizione in vinile di Metal Machine Music di Lou Reed per celebrare il suo 50° anniversario.
Nel luglio del 1975, mentre l’America si cullava nell’autocompiacimento post-Watergate e la cultura pop scivolava verso l’inevitabile abbraccio della disco music, Lou Reed lanciò il suo assalto sonoro alla middle class: un doppio LP di puro feedback chitarristico che sembrava concepito per far scappare i vicini di casa. Metal Machine Music emerse come un monolito nero nel panorama musicale, un oggetto impossibile da ignorare quanto da digerire – proprio come quelle sculture minimaliste che i critici d’arte progressisti andavano celebrando nei musei di Manhattan.
La cosa più affascinante, col senno di cinquant’anni, non è tanto il rumore in sé – dopotutto viviamo in un’epoca in cui anche i teenager producono harsh noise nei loro scantinati – quanto l’ostinazione quasi patologica con cui Reed difese questo suo figlio deforme, questo suo esperimento che puzzava di narcisismo quanto di genio. Come un padre orgoglioso di un bambino particolarmente difficile, continuò a sostenere la serietà artistica di quei quattro lati di vinile che suonavano come un’acciaieria impazzita.
La primavera del 2025 ci riserva l’ennesimo capitolo di questa saga: il Record Store Day, quell’orgia consumistica mascherata da celebrazione della cultura analogica, propone una riedizione dell’album rivestita d’argento come un’astronave degli anni ’50 – un’ironia che probabilmente non sfuggirebbe a Reed, se fosse ancora qui a sorridere sarcasticamente della nostra ossessione per gli artefatti fisici.
Dettagli della Release
Duemilacinquecento copie, dicono gli organizzatori con quella precisione che sa di marketing studiato a tavolino. Un numero abbastanza basso da scatenare il panico dell’accaparramento, abbastanza alto da garantire un discreto ritorno sull’investimento. La copertina apribile – rigorosamente metallizzata – trasforma questo monumento al rumore in un reliquiario postmoderno, un oggetto di culto per quella stessa borghesia che Reed cercava di terrorizzare mezzo secolo fa.
Tracklist
Il contenuto, prevedibilmente immutato, si dipana attraverso quattro lati, semmai fosse tra i temerari, gli arditi che questo disco lo hanno messo e lo mettono davvero sul piatto dall’inizio alla fine.
Disco 1
- Lato A: “Metal Machine Music, Part 1”
- Lato B: “Metal Machine Music, Part 2”
Disco 2
- Lato C: “Metal Machine Music, Part 3”
- Lato D: “Metal Machine Music, Part 4”
Una riflessione
C’è qualcosa di perfettamente circolare in tutto questo: un album nato (anche) come atto di ribellione contro il mercato musicale che viene ora riproposto come merce di lusso, confezionato in una veste preziosa che ne certifica lo status di “classico”. Il sistema ha finalmente trovato il modo di addomesticare anche il più selvaggio dei suoi critici, trasformando il suo ruggito in un ronzio perfettamente commerciabile.
E mentre vi preparate a fare la fila all’alba davanti ai negozi autorizzati, come pellegrini postmoderni in cerca di redenzione analogica, potreste chiedervi se questo non sia il trionfo finale del capitalismo: trasformare un atto di sabotaggio artistico in un oggetto di desiderio per la classe media. Ma forse è proprio questo il destino di ogni gesto di ribellione: essere prima deriso, poi compreso, infine mercificato. E in questo senso, Metal Machine Music continua a essere esattamente ciò che Reed voleva che fosse: uno specchio deformante della nostra società, anche se ora quello specchio è placcato in argento e venduto in edizione limitata.
Lo troverete in tutti i negozi fisici.
Daniele Federici